_________ALASSIO RESURRECTION_________

venerdì 26 febbraio 2010

senza titolo


"La cosa buona del problema che abbiamo è che possiamo reinventare ogni cosa che facciamo. Insomma non c'è una sola che facciamo o sistema che abbiamo che non richiedano un rifacimento completo.
Ci sono due modi di vedere la cosa. Uno è dire santo cielo e adesso come facciamo? Mentre l'altra, quella che preferisco è dire: Che bella epoca per vivere, che bella epoca per essere nati, perchè questa generazione può cambiare completamente il mondo".
Paul Hawken dal film-documentario L'undicesima ora


La questione è: Come fare a cambiare questo mondo e questa società indegna d'essere chiamata civile?

Cominciamo con il pensare. Il pensiero è troppo spesso sottovalutato, ignorando che si tratta dell' atto più concreto che esista, essendo esso stesso alla base di ogni azione.
Questo "sistema" in cui viviamo e che io critico duramente è frutto dei nostri pensieri-azioni.
Il secondo passo dovrebbe essere l'informarsi, la conoscenza.
Cosa sappiamo noi del sistema economico in cui viviamo (signoraggio, sovranità monetaria ecc.)?
Cosa sappiamo delle multinazionali che governano il mondo?
La consapevolezza del funzionamento di questo sistema-società è fondamentale, solo grazie ad essa sarà possibile indignarsi e l'indignazione dovrà essere lo stimolo per il raggiungimento di una consapevolezza più ampia ed "elevata".
Pensiero, conoscenza e indignazione saranno sicuramente un ottimo inizio.
Il dubbio è se la maggior parte di noi avrà la voglia e il coraggio di iniziare questo processo o se le nostre menti sono ormai irrimediabilmente distratte e corrotte da questo modello di società frivola e apatica.

Nel mentre cerchiamo di capire cosa vogliamo pretendere da noi stessi vi saluto.

Manuel Vitale Andrè

sabato 13 febbraio 2010

Franosità storica: la frana della Liggia, 18 marzo 1842. Breve introduzione al Rischio Idrogeologico del Comune di Alassio.


Della frana che nel lontano 18 marzo del 1842 colpì le pendici collinari del Monte Tirasso, presso la frazione di Moglio, ancora se ne conservano i ricordi, non solamente negli archivi storici della città ma anche nei racconti degli anziani ai quali, a loro volta, erano state tramandate dai loro padri (che assistettero personalmente a quel doloroso spettacolo) notizie di quella disgrazia. Le cause dell’evento furono le abbondanti piogge alternate a potenti raffiche di tramontana che quell’inverno si abbatterono su tutto il territorio ligure.

Accadde così che, alle prime luci del giorno, la parte più bella della pendice a sud del monte Tirasso cominciò a scoscendere trascinando con sé molti edifici tra i quali case di villeggiatura, oratori e mulini, ed esaurì il suo cammino presso la Valletta di Loreto. I testimoni oculari, tra i quali Gerolamo Porcella detto Cacin, che stava andando a caccia, raccontarono che dapprima si udì un fortissimo boato e, successivamente, la terra sotto i loro piedi cominciò a muoversi verso valle con tutto quello vi si trovava al disopra (Antonio Carossino). Le testimonianze narrano che le case cominciarono a scivolare con i lumi ancora accesi attaccati ai travi dei pergolati. Tutto ciò che si trovava a valle della nicchia di distacco venne travolto fra cui il “Molino Grande”, assegnato per testamento del 1803 dal rev. Don Vincenzo Pelle Arciprete, per l’istituzione di una scuola in Moglio, e anche la casa di villeggiatura dei Vallega nonché la loro cappella di famiglia.

Ancora oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo dall’accadimento, nelle parti alte della collina non soggette a coltura e lasciate alla macchia, è possibile distinguere il fronte della frana, caratterizzato da accumuli e massi sui quali si è impostata una scarna vegetazione.

Fortunatamente l’evento non provocò vittime ma solo macerie e la perdita di qualche prezioso capo di bestiame. Sembrerebbe dunque, da smentire lo storico M. Ippolito Gallo nel suo libro “Storia della Città di Alassio”, laddove attribuì alla frana decessi dovuti, invece, ad un’epidemia di vaiolo arabo.

Si pensa che il termine Liggia (liggiare, muoversi, spostarsi) che dà il nome alla zona, sia derivato proprio da quell’episodio, mentre in origine la zona pare fosse conosciuta con l’appellativo di “Lamie”.

Già precedentemente all’evento, gli anziani del paese ritenevano che i monti di quella zona fossero molto ricchi di acque; in seguito al verificarsi della frana, a conferma di ciò che sostenevano, vennero alla luce una serie di sorgenti (che vanno ad aggiungersi alla lunga lista di fonti di quella zona) che furono prontamente utilizzate dalla popolazione per le varie attività agricole. Fra queste ricordiamo la fonte perenne che alimentò il Molino grande e quella in regione Bramassi (Alessio Pelle, anno 1989), situata in prossimità della nicchia di distacco della frana, che fornì di acqua irrigua l’intera frazione di Moglio.

Il dissesto geomorfologico e le alluvioni, che si manifestano periodicamente all’interno del territorio comunale alassino, costituiscono al giorno d’oggi un problema di rilevante importanza.

Le cause di questi eventi calamitosi sono da imputarsi non solo a fattori naturali, ma soprattutto all’azione dell’uomo ed alle continue modifiche che esso ha apportato al territorio. L’abbandono dei terreni montani, l’ occupazione di zone di pertinenza fluviale, la mancata manutenzione degli alvei e delle zone collinari, hanno aggravato il dissesto e messo sempre più in evidenza la fragilità del nostro territorio.

Attraverso il concetto di rischio idrogeologico vengono stimati: il potenziale numero di perdite di vite umane, feriti, danni a proprietà e distruzione di attività economiche causate da possibili frane o alluvioni.

Si evince quindi che i fattori che condizionano i valori di rischio, sono rappresentati dalla suscettibilità al dissesto dei versanti, dalle fasce di inondabilità e dal ‘valore esposto’(beni e persone) presenti in una determinata area.

Il continuo verificarsi di questi episodi calamitosi dovrebbe condurre ad una politica di gestione del rischio finalizzata ad affrontare il problema non “a catastrofe avvenuta” ma in fase previsionale e preventiva. La cultura della prevenzione si basa sull’individuazione delle condizioni di rischio e sull’adozione di interventi finalizzati alla mitigazione dell’impatto degli eventi su persone e cose.

Prossimamente verranno descritti nella maniera più dettagliata possibile i vari scenari di rischio idrogeologico all’interno del comune, non per creare inutili allarmismi, ma semplicemente al fine di rendere note queste realtà, quanto mai presenti nella nostra cittadina.

DODO