_________ALASSIO RESURRECTION_________

mercoledì 18 gennaio 2012

Concorso "4 Pagine in Vacanza" quarto classificato



DITA IN BOCCA

Alassio. Dieci gennaio duemilanovantacinque. Ore undici e trenta. È una tiepida mattina di inizio inverno. Il cielo è perfettamente azzurro, pulito da un vento costante ma non fastidioso. Il mare è increspato e rifrange il sole creando uno sconfinato spettacolo di luce. I gabbiani sono fermi in aria con le ali distese.
In corrispondenza della Chiesa di Sant’Anna la via dei negozi si interrompe aprendosi verso l’orizzonte. In questo slargo ci sono cinque grandi panche circolari in legno di larice. Qui le persone rallentano, si fermano e si incontrano.
Lui è seduto sulla panca più vicina alla spiaggia e volge lo sguardo a ponente. All’incirca ha novant’anni. I suoi occhi verdi sono mezzi chiusi, infastiditi dall’esagerata luminosità. Le sue tempie senza capelli sono intagliate di rughe. È assorto. Forse è preoccupato per qualcosa.
Lei è seduta sulla panca accanto al chiosco e il suo sguardo è rivolto a levante. Anche lei ha circa novant’anni. I suoi occhi neri sono completamente aperti nonostatnte la luce intensa. Il vento le scompiglia i ricci sbattendoglieli sul viso. E’ tranquilla. Apparentemente serena.
Sono uno di fronte all’altra da circa venti minuti. Sono distanti poco più di tre metri ma ancora nessuno dei due ha notato l’altro.
Un forte rumore di metallo giunge improvviso dalla strada. D’istinto entrambi muovono la testa verso quel fracasso. I loro sguardi per un istante si incrociano e generano legami chimici, creano energia magnetica. Un vento elettrostatico ha sbattuto a terra un cavalletto pubblicitario in alluminio. È un vento galeotto, intermediario d’amore. I sentimenti hanno così ritrovato vie dimenticate ma già percorse, e corrono veloci.
Lei ora appoggia il mento sulla spalla sinistra e chiude gli occhi. Volutamente, con malizia. Sembra addormentata. In realtà è in attesa, come un predatore. Tende la sua trappola.
Lui è attratto, rapito. La guarda con le palpebre socchiuse, per non farsi scoprire. La trova perfetta, al cento per cento.
Lei sente sulla pelle quello sguardo, caldo e furtivo. Capisce d’aver catturato la preda. E’ soddisfatta, compiaciuta. Di scatto allora riapre gli occhi.
Lui è colto di sorpresa e abbassa il capo, arrossendo. Trascorrono alcuni secondi.
Quando lui alza nuovamente lo sguardo lei sorride. Lui si gira pensando che quel sorriso sia per qualcun altro. Dietro non c’è nessuno. Tituba. Con imbarazzo ricambia poi il sorriso.
Sono trascorsi circa venti minuti. Sono sempre seduti una di fronte all’altro, più o meno a tre metri di distanza. Ora però si guardano e si sorridono, con spontaneità, come se si conoscessero da cent’anni.
D’un tratto lei diviene inaspettatamente seria e fa un profondo respiro. Comincia a fissarlo intensamente, con occhi di sfida. Alza lentamente la mano destra e punta l’indice verso di lui. Poi esegue un movimento rotatorio con la mano, come se stesse raccogliendo col dito qualcosa nell’aria. Quindi si infila per intero l’indice in bocca e comincia a succhiarlo.
Lui è sbalordito, piuttosto infastidito. Non riesce a comprendere il significato di quel gesto sfrontato.
Passano alcuni minuti.
Lei continua a succhiare, e ricomincia a sorridere. Succhia e sorride, succhia e sorride.
Lui è ancora più confuso.
Lei allora spalanca gli occhi come per dire Eddai, svegliati!
Ma lui non capisce. Poi, un’intuizione. Il suo sguardo viene scosso da un lampo. È come se avesse improvvisamente riconosciuto in quel gesto insolente e sfacciato un’ancestrale ritualità. Anche lui ora sorride, convinto. Solleva lentamente la sua mano destra, finge di cogliere con l’indice qualcosa dall’aria e si infila il dito in bocca, succhiandolo. Succhia e sorride, succhia e sorride.
Succhiano e sorridono, succhiano e sorridono.
Il loro sorriso diventa una risata incontenibile, irrefrenabile. Ridono e ridono. Ridono a lungo, fino alle lacrime. Poi, piano piano, smettono. Il vento soffia. In silenzio si guardano negli occhi e il tempo intorno a loro si ferma. Nei loro sguardi si riflette il mare e risplende il sole.
In certi sguardi s’intravede l’infinito.

Alassio. Ventuno agosto duemilacinque. Ore nove e trenta. È una calda mattina di fine estate. Il cielo è tendenzialmente sereno, non c’è vento ma afa. Il mare è liscio e trasparente. I gabbiani volano precisi.
Giacomo è seduto sulla sdraio, sotto l’ombrellone. Ha quattro anni e mezzo. Ha i capelli corti e chiari. I suoi occhi sono verdi, quasi gialli.
Sta guardando fisso verso i gradini in cemento dell’ingresso alla spiaggia. È in attesa, fermo immobile da almeno mezz’ora. Impaziente.
D’improvviso si alza e corre verso la scala.
Irene è lì, dritta in piedi in cima ai tre gradini di cemento. Lei ha quasi cinque anni. Ha occhi neri e furbi. I suoi capelli sono scuri e riccioluti.
Con due balzi Irene è addosso a Giacomo. Lo abbraccia con forza e lo bacia.
Ora sono letteralmente incollati l’una all’altro, guancia contro guancia.
Irene prende Giacomo per mano e lo porta in riva al mare. Con due palette di plastica scavano una buca tanto profonda da trovare l’acqua. Ne sono orgogliosi. Poi ci mettono dentro i piedi e li ricoprono fino alle ginocchia. Sotto la sabbia umida i loro alluci si sfiorano. Giacomo e Irene sentono solletico, si guardano e sorridono. Lui arrossisce e abbassa lo sguardo.
Ora si alzano in piedi. Hanno le gambe ricoperte di sabbia ma non si puliscono.
Decidono di raccogliere conchiglie e le cercano dove le onde si rompono sulla spiaggia. Là ce ne sono un’infinità. Ne trovano più di cento. Le conchiglie sono molto piccole, perlopiù bianche e lisce. Poche hanno le linee in rilievo marroni, sono le più preziose. Alcune hanno un buchino perfettamente circolare. Sembra fatto apposta per infilarci una cordicella.
Possiamo fare una collana lunghissima!, dice Irene.
Giacomo annuisce.
Fa caldo.
È finalmente giunta l’ora di fare il bagno.
Irene ha un costume rosso. Giacomo ha i braccioli gialli. Corrono a tuffarsi. Si immergono. Si spruzzano. Giocano. Sono felici, spensierati.
Adesso escono e vanno a farsi la doccia. L’acqua è fredda. Si tolgono in fretta il sale. Si asciugano.
Sono le undici e trenta. Il tempo corre troppo velocemente.
Ora sono sotto l’ombrellone, avvolti nei loro accappatoi colorati. Sono seduti una vicino all’altro. Irene ha sulle ginocchia un pacchetto, apparentemente di grande valore. È un tovagliolo di carta bianco risvoltato più volte su qualcosa.
Ogni mattina arriva questo momento, un rito atteso e amato a dismisura.
Giacomo e Irene si guardano seri e insieme fanno un respiro profondo.
Cominciano.
Lentamente Irene scosta i lembi del tovagliolo, con estrema attenzione. Dentro ci sono due piccole confezioni rettangolari di plastica bianca.
Sono monoporzioni di crema alle nocciole rubate da Irene al buffet mattutino dell’albergo.
Irene ne porge una a Giacomo, con affetto.
Ora si guardano vogliosi e aprono le scatolette togliendo la protezione metallica. Con un movimento rotatorio della mano infilano poi l’indice destro nella crema ormai liquida per il caldo e si portano il dito alla bocca. Cominciano a succhiare. E sorridono.
Intingono, succhiano e sorridono. Intingono, succhiano e sorridono.
Alla fine hanno il viso completamente sporco di crema alle nocciole. Si guardano e scoppiano a ridere. La loro risata è incontrollabile, fragorosa. Ridono così tanto da farsi quasi la pipì addosso. Poi smettono, sfiniti. E il tempo si ferma. Nei loro sguardi si specchia il mare e si intravede il cielo.
È in certi sguardi che si nasconde l’infinito.
-
Oggi , purtroppo, sia per Giacomo che per Irene è l’ultimo giorno di vacanza.
Entrambi non sono pienamente consapevoli che domani non potranno trascorrere la giornata insieme.
Giacomo e Irene non sono soprattutto consci del fatto che non si rivedranno più.
Per quasi cento anni.
Alassio. Dieci gennaio duemilanovantacinque. Ore dodici e cinquanta.
Irene ora si è seduta accanto a Giacomo.
Lui ha il palmo della mano destra appoggiato alla panca.
Lei con il mignolo sinistro gli sfiora le dita, teneramente.
Hanno gli occhi chiusi e il viso rivolto al sole.
Stanno assaporando fino in fondo questo momento, inconsciamente atteso da quasi cento anni.
È una tiepida mattina di inizio inverno. Il cielo è di un azzurro perfetto, pulito da un vento costante ma non fastidioso. Il mare è increspato e riflette il sole creando uno sconfinato spettacolo di luce. I gabbiani sono fermi in aria, hanno le ali distese.
Dal chiosco giungono le parole di una vecchia canzone, la musica è dolce e malinconica.
...ma…
...non è l’amore che va via…
…il tempo sì…

Autore: Mauro Molteni

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